La Battaglia di Montecassino. Dal recupero del Tesoro di San Gennaro agli orrori delle marocchinate

La Battaglia di Montecassino si è svolta tra gennaio e maggio del 1944, ha segnato non solo un momento cruciale nel conflitto, ma ha anche rivelato le atrocità e le complessità della guerra. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943, l’Italia si trovò in una situazione difficile. I soldati italiani dovevano affrontare non solo la furia degli ex alleati tedeschi, ma anche la diffidenza degli Alleati americani e britannici. In questo contesto, il primo contingente organizzato, il 1° Raggruppamento Motorizzato, si preparò a partecipare alla Battaglia di Montelungo. I tedeschi, forti della loro strategia difensiva, crearono la temuta Linea Gustav, con Cassino come punto nevralgico. La battaglia di Cassino si compone di quattro fasi, ognuna delle quali ha portato a una crescente devastazione. La distruzione dell’Abbazia di Montecassino, un luogo di grande importanza storica e spirituale, rappresenta un simbolo della barbarie del conflitto. Nonostante il parere contrario del generale Clark, la decisione di bombardare l’abbazia fu presa, dando così inizio a una catena di eventi che avrebbero portato alla sua totale distruzione. Questo atto, giustificato da esigenze militari, sollevò interrogativi sulla responsabilità di proteggere il patrimonio culturale anche in tempo di guerra. Parallelamente a questi eventi, un’altra storia si intreccia: il recupero del Tesoro di San Gennaro. Durante la guerra, le autorità napoletane, preoccupate per la sorte di questo patrimonio, decisero di trasferirlo all’Abbazia di Montecassino, ritenuta un luogo relativamente sicuro. Questo trasferimento, avvenuto in segreto, fu fondamentale per salvaguardare il tesoro da razzie e distruzioni. Tuttavia, la storia di come il Tesoro sia stato effettivamente salvato si svela attraverso le indagini di storici e giornalisti, che hanno messo in luce il ruolo cruciale di figure spesso dimenticate. Un personaggio decisivo nella vicenda del rientro del Tesoro a Napoli, fu un tale Giuseppe Navarra ( che si faceva chiamare il re di Poggioreale), un ex palombaro che si era arricchito con il mercato nero tra Marsiglia e Napoli. Giuseppe Navarra e il principe Stefano Colonna partirono il 5 marzo 1947 e il tesoro rientrò a Napoli la sera stessa. Quel viaggio di ritorno è stato raccontato in diversi modi fino a diventare sempre più romanzesco. Il Tesoro di San Gennaro fu conservato a lungo nel caveau del Banco di Napoli, solo dal 2003 l’intera collezione è esposta in modo permanente nel Museo del Tesoro di San Gennaro. Negli ultimi anni, diversi storici e studiosi hanno dedicato attenzione al tema della protezione del patrimonio culturale durante la guerra. Le ricerche continuano a esplorare come gli eventi bellici influenzino la memoria collettiva e l’identità culturale, utilizzando casi come quello del Tesoro di San Gennaro come esempi significativi. Ma non possiamo ignorare le ombre di questa guerra. Le atrocità commesse dalle truppe coloniali francesi, noti come Goumiers marocchini, rappresentano uno dei capitoli più oscuri della campagna italiana. Le testimonianze di violenze, saccheggi e stupri rivelano una verità inquietante, una ferita aperta nella memoria storica italiana. Secondo alcune testimonianze il generale Juin aveva aizzato i suoi uomini, alla vigilia della battaglia decisiva. Li incoraggiò, li motivò, probabilmente stuzzicò sentimenti e desideri. Ma il documento di cui parlano alcune testimoni, quella “carta bianca” concessa ai soldati, alibi per stupri e violenze, non si è mai trovato. Il testo, più volte riprodotto, direbbe: “Oltre quei monti degli Aurunci, oltre quei nemici che stanotte ucciderete, c’è una terra larga larga e ricca di donne, di vino, di case… Se voi riuscirete a passare oltre la linea senza lasciare vivo un nemico, il vostro generale vi promette, vi giura, vi proclama che quelle donne, quelle case, quel vino, tutto quello che troverete, sarà a vostro piacimento e volontà per 50 ore”. Questi eventi, a lungo silenziati, hanno trovato voce grazie a opere letterarie, la Ciociara di Alberto Moravia e cinematografiche la Ciociara di Vittorio de Sica , contribuendo a fare chiarezza su un passato doloroso del quale non si sarebbe saputo nulla se non nei luoghi nei quali queste tragedie si erano consumate. Infatti, per questa indifferenza mostrata soprattutto dalle autorità, nel film La Ciociara di De Sica, a un certo punto Sofia Loren con la figlia, appena stuprate, incontrano alcuni alleati, di cui un francese su una jeep, che ignorano il loro lacerante grido di dolore e passano oltre. Tanti i villaggi toccati non solo la Ciociaria, dove effettivamente Moravia era stato, ma tutti i villaggi erano stati toccati da questi avvenimenti per esempio a Pico, i soldati statunitensi colsero i goumier proprio in flagrante furono bloccati dal comandante francese del reparto, che disse loro che “erano qui per combattere i tedeschi e non i francesi”. Ad Esperia furono 700 le donne violate e anche il parroco, don Alberto Terrilli, nel tentativo di difendere due ragazze, venne legato a un albero e stuprato per una notte intera, morendo il 17 agosto 1946 per le lacerazioni interne riportate. A Polleca si toccò l’apice della bestialità. Luciano Garibaldi scrive che dai reparti marocchini del gen. Guillaume furono stuprate bambine e anziane; gli uomini che reagirono furono sodomizzati, uccisi a raffiche di mitra, evirati o impalati vivi. Una testimonianza, da un verbale dell’epoca, descrive la loro modalità tipica: “I soldati marocchini che avevano bussato alla porta e che non venne aperta, abbattuta la porta stessa, colpivano la Rocca con il calcio del moschetto alla testa facendola cadere a terra priva di sensi, quindi veniva trasportata di peso a circa 30 metri dalla casa e violentata mentre il padre, da altri militari, veniva trascinato, malmenato e legato a un albero. Gli astanti terrorizzati non potettero arrecare nessun aiuto alla ragazza e al genitore in quanto un soldato rimase di guardia con il moschetto puntato sugli stessi”. La Battaglia di Montecassino, il recupero del Tesoro di San Gennaro e le marocchinate sono storie che ci ricordano l’importanza di preservare la memoria storica. Esse ci invitano a riflettere su come la guerra possa distruggere non solo vite umane, ma anche patrimoni culturali e identità collettive. È nostro dovere, quindi, onorare queste memorie e garantire che, in futuro, simili atrocità non si ripetano.