La Capitale del Regno delle Due Sicilie durante i moti del 1820-1821:

testimonianze dal Fondo Famiglia Raimondi


Nel Regno delle due Sicilie forte ripercussione ebbe la rivoluzione spagnola del 1° gennaio 1820. I liberali spagnoli riuscirono, infatti, ad ottenere il ripristino da parte di Ferdinando IV della Costituzione di Cadice del 1812. In Italia meridionale, dopo vari fallimenti di insurrezioni da parte dei carbonari già dal 1817, il successo della rivoluzione spagnola fu fonte d’ispirazione e furono approntati nuovi piani insurrezionali. Nella notte tra l’1 e il 2 luglio del 1820 una guarnigione dell’esercito borbonico di stanza a Nola, con a capo due sottotenenti Michele Morelli e Giuseppe Silvati ed un sacerdote Luigi Minichini, affiliati alla carboneria, insorge e muove verso Avellino al grido di «Viva Dio, Re, Costituzione». Giunto ad Avellino, Morelli scrive delle lettere a De Concili tenente colonnello che risiedeva lì e che pur essendo di animo liberale aveva timore di schierarsi con Morelli e il suo seguito. Inviò quindi un tenente a pregare Morelli di desistere dall’entrare quel giorno in città per evitare disordini. De Concili appena ricevuta la notizia dell’insurrezione partita da Nola, aveva inviato il capitano Cirillo a Napoli per informare il generale Pepe; intanto, mentre ad Avellino Morelli incrementava il suo esercito e cercava appoggio in De Concili e il tenente Colonna, a Napoli era giunta notizia degli avvenimenti di Nola. Si riunì un primo Consiglio di generali convocato da Nugent, nel quale fu deciso che il generale Guglielmo Pepe muovesse l’esercito contro i ribelli, ma una volta riferita la decisione al Consiglio del re, questo espose la propria diffidenza e mancanza di fiducia nei confronti del generale Pepe. Le ore di indecisioni che si susseguirono a Napoli per la scelta della personalità alla quale affidare il comando dell’esercito da inviare contro i ribelli, furono molto importanti per Morelli che nel frattempo aveva invaso il Principato Ulteriore, parte del Citeriore e la Capitanata. Intanto da Napoli il governo ordinava ai generali Carascosa, Nunziante e Campana di muovere contro i ribelli. Il 4 luglio il generale Campana assaliva gli insorti a Solofra e Serino, costretto però a ritirarsi poco dopo lasciando che questi occupassero Solofra. Giunto nel frattempo il generale Nunziante i due si accordarono per un’azione contro Solofra ma il giorno 5 dopo un primo successo di Campana, questi fu costretto a ritirarsi e ripiegare verso Salerno mentre Nunziante si ritirò a Nocera. Il Nunziante nel tentativo di ristabilire un collegamento con il generale Campana, inviòverso Salerno il reggimento Principe Cavalleria che però passò dalla parte degli insorti. I generali  Nunziante e Campana allora presero posizione sul Sarno. Stavano così le cose quando, il 5 luglio, Guglielmo Pepe convinto che il governo volesse carcerarlo, insieme al general Napoletani radunò un esercito e fuggì alla volta di Monforte. Fu imposto un ultimatum da riferire al sovrano: o questi concedeva la Costituzione o la rivolta avrebbe colpito la capitale e lo stesso Ferdinando. Il re accettò e il giorno seguente, 6 luglio, fu firmato l’editto che accordava ai sudditi la costituzione.

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